• Mar. Giu 17th, 2025

Il primo referendum nella storia della Repubblica Italiana – il referendum istituzionale – si tenne il 2 giugno 1946 (con proseguimento delle votazioni la mattina del 3 giugno)gazzettaufficiale.it. In quel cruciale appuntamento post-bellico gli italiani furono chiamati a scegliere la forma istituzionale dello Stato, Monarchia o Repubblica, contestualmente all’elezione dell’Assemblea Costituente. Fu il primo voto a suffragio universale nella penisola (vi parteciparono per la prima volta anche le donne). La consultazione registrò un’altissima affluenza, vicino al 90% degli aventi dirittoit.wikipedia.org, segno della grande partecipazione popolare alla decisione storica sul futuro del Paese.

L’esito ufficiale sancì la vittoria della Repubblica con circa 12,7 milioni di voti (54,3% dei voti validi) contro i 10,7 milioni di voti a favore della Monarchia (45,7%)it.wikipedia.org. La Corte di Cassazione proclamò i risultati il 10 giugno 1946, respingendo i ricorsi dei monarchici e confermando il vantaggio repubblicanoit.wikipedia.org. Conseguentemente, il 18 giugno 1946 la Cassazione dichiarò in via definitiva la nascita della Repubblica Italiana, ponendo fine alla monarchia sabauda. Da allora il 2 giugno è celebrato come Festa della Repubblica, anniversario della fondazione dello Stato repubblicano.

L’istituzione del referendum nell’ordinamento italiano

Lo strumento giuridico del referendum è stato introdotto formalmente nell’ordinamento italiano con la Costituzione della Repubblica Italiana, approvata dall’Assemblea Costituente il 22 dicembre 1947 e in vigore dal 1º gennaio 1948acs.cultura.gov.it. La Carta costituzionale per la prima volta contempla il referendum come mezzo di sovranità popolare: esso è infatti un istituto previsto dalla Costituzione, parte degli strumenti di democrazia diretta che garantiscono la partecipazione dei cittadini alla vita politicait.wikipedia.org. Diversamente dallo Statuto Albertino del periodo monarchico (che non prevedeva consultazioni popolari dirette), la Costituzione repubblicana configura il referendum quale elemento integrativo della volontà parlamentare. In particolare, il testo costituzionale individua diverse tipologie di referendum, disciplinandone a grandi linee finalità e limiti, mentre demanda a leggi ordinarie l’attuazione pratica (art. 75, ultimo comma)gazzettaufficiale.it. Di seguito le principali categorie di referendum previste e la loro evoluzione normativa:

  • Referendum abrogativo (di una legge o atto avente forza di legge): Introdotto dall’art. 75 della Costituzione, consente ai cittadini di abrogare (cancellare) in tutto o in parte una legge tramite voto popolaregazzettaufficiale.it. Può essere indetto se lo richiedono 500.000 elettori oppure 5 Consigli regionali, esclusi però alcuni ambiti (non sono ammessi referendum abrogativi in materia tributaria e di bilancio, amnistia e indulto, trattati internazionali)gazzettaufficiale.it. Hanno diritto di voto tutti gli aventi diritto alle elezioni della Camera; perché la consultazione sia valida è richiesto un quorum di partecipazione della maggioranza degli aventi diritto al voto e, ai fini dell’abrogazione, la maggioranza dei voti validamente espressi deve essere favorevolegazzettaufficiale.it. Il referendum abrogativo – pur previsto nel 1948 – ha trovato applicazione solo dopo circa due decenni, in seguito all’emanazione della legge ordinaria che ne regolamenta le procedure (legge 25 maggio 1970, n. 352)it.wikipedia.org. Tale legge ha istituito, tra l’altro, l’Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di Cassazione e ha previsto il controllo di legittimità delle richieste referendarie, controllo poi attribuito alla Corte Costituzionale con legge costituzionale 11 marzo 1953 n.1it.wikipedia.org. Il primo referendum abrogativo della storia repubblicana si svolse nel 1974 (oggetto: abrogazione della legge sul divorzio del 1970) e vide prevalere i “No” all’abrogazione, confermando quindi la legge sul divorzioit.wikipedia.orgit.wikipedia.org. Da allora il referendum abrogativo è divenuto uno strumento operativo dell’ordinamento, utilizzato in numerose occasioni per sottoporre a giudizio popolare varie leggi (dagli anni ’70 fino ai referendum recenti del 2022).
  • Referendum costituzionale confermativo (su leggi di revisione costituzionale): Previsto dall’art. 138 della Costituzione, è un referendum indetto dopo l’approvazione parlamentare di una legge di revisione costituzionale o di altra legge costituzionale, allo scopo di sottoporla al voto popolare prima della promulgazione definitiva. In altri termini, i cittadini decidono se confermare o respingere una riforma costituzionale già votata dal Parlamentoriformeistituzionali.gov.it. Questo referendum può aver luogo solo in assenza di un’approvazione parlamentare qualificata: l’art. 138 stabilisce infatti che le leggi costituzionali devono essere approvate in doppia votazione da ciascuna Camera; se nella seconda votazione non si raggiunge la maggioranza dei 2/3 dei membri, la legge viene sottoposta a referendum popolare se entro 3 mesi dalla pubblicazione ne fanno domanda 1/5 dei membri di una Camera, 500.000 elettori o 5 Consigli regionalisenato.it. In caso di referendum, la legge viene promulgata solo se ottiene la maggioranza dei voti validi favorevolisenato.it (in questi referendum non è previsto un quorum di partecipazione, a differenza degli abrogativi). Se invece la riforma ottiene sin da subito una maggioranza di due terzi in Parlamento, non si procede a referendumsenato.it. Questo tipo di referendum è confermativo (detto anche referendum sospensivo): l’entrata in vigore della legge è sospesa in attesa del voto popolare. Il primo referendum costituzionale nella storia repubblicana si è tenuto nel 2001 (riforma del Titolo V della Costituzione) e da allora si sono svolte altre consultazioni confermative importanti nel 2006, 2016 e 2020 (quest’ultima ha confermato la legge di riduzione del numero dei parlamentari)it.wikipedia.org.
  • Referendum territoriali (variazioni delle circoscrizioni regionali/provinciali): La Costituzione prevede espressamente consultazioni referendarie obbligatorie per modificare i confini regionali. In base all’art. 132, comma 1, si può disporre con legge costituzionale la fusione di Regioni esistenti o la creazione di nuove Regioni (con almeno 1 milione di abitanti), previo referendum approvativo tra le popolazioni interessate (iniziativa di un terzo dei consigli comunali rappresentanti almeno un terzo delle popolazioni)senato.it. Inoltre, il comma 2 dell’art. 132 permette, con legge ordinaria della Repubblica, di trasferire una Provincia o dei Comuni da una Regione a un’altra, previo referendum consultivo approvato dalla maggioranza delle popolazioni locali coinvolte e sentiti i Consigli regionalisenato.it. Dunque le consultazioni popolari sono obbligatorie in Italia per qualsiasi modifica delle circoscrizioni regionali e sub-regionaliriformeistituzionali.gov.it. Un esempio applicativo è la legge n.117/2009 che ha sancito il passaggio di 7 comuni dalla Regione Marche all’Emilia-Romagna, a seguito di referendum tra le popolazioni interessate (come richiesto dall’art. 132 Cost.).
  • Altre forme di referendum: Oltre ai casi sopra elencati, l’ordinamento prevede referendum a livello regionale e locale. L’art. 123 Cost., riformato nel 2001, consente ad ogni Regione di sottoporre a referendum popolare il proprio Statuto prima della promulgazione (su richiesta di 1/50 degli elettori regionali o 1/5 dei consiglieri regionali entro tre mesi dall’approvazione dello Statuto da parte del Consiglio regionale). Inoltre, secondo lo stesso art. 123, le Regioni possono introdurre ulteriori referendum nelle materie di loro competenza: molte Regioni hanno previsto negli Statuti referendum propositivi e consultivi su leggi regionali o provvedimenti amministrativi regionaliit.wikipedia.org. Tali strumenti di democrazia diretta locale arricchiscono l’ordinamento regionale (ad esempio, Lazio, Valle d’Aosta, Friuli-Venezia Giulia e le Province autonome di Trento e Bolzano ammettono il referendum propositivo a livello territoriale)it.wikipedia.org. A livello nazionale, invece, non sono previsti referendum propositivi o consultivi dalla Costituzioneit.wikipedia.org. Ciò significa che un referendum nazionale consultivo (di indirizzo) può aver luogo solo approvando una legge costituzionale ad hoc. Proprio questo avvenne in occasione del referendum consultivo del 1989, quando il Parlamento emanò la legge cost. 3 aprile 1989 n. 2 per indire una consultazione popolare sul conferimento di un mandato costituente al Parlamento Europeonormattiva.it. In quell’unico caso nella storia repubblicana, agli elettori fu chiesto un parere (non vincolante) su una questione di politica europea, confermando la necessità di una fonte costituzionale specifica per simili referendum di indirizzopagellapolitica.it.

Evoluzione legislativa: L’introduzione del referendum nella Costituzione pose le basi normative, ma fu la legislazione successiva a rendere operativa questa forma di partecipazione. Come accennato, la legge ordinaria n. 352/1970 ha definito in dettaglio le modalità di attuazione dei referendum previsti in Costituzione (raccolta firme, quorum, organi preposti al controllo, svolgimento delle operazioni di voto, proclamazione dei risultati, ecc.)it.wikipedia.org. Tale legge attuativa – insieme a interventi della Corte costituzionale che ne hanno affinato l’applicazione – ha aperto la strada alle numerose consultazioni referendarie dagli anni ’70 in poi. In seguito, ulteriori norme hanno integrato la disciplina: ad esempio, la legge cost. n.1/1953 (precedente alla legge del 1970) attribuì alla Corte Costituzionale il compito di giudicare sull’ammissibilità dei quesiti referendari, garantendo che il referendum abrogativo non violi i limiti posti dall’art. 75it.wikipedia.org. Negli anni successivi, sono state introdotte specifiche disposizioni per facilitare l’esercizio del referendum (come la raccolta firme anche presso i comuni, l’informazione pubblica sui quesiti, ecc.) e sono state sperimentate nuove forme nell’ambito regionale, come i referendum propositivi locali già menzionati. Infine, il quadro costituzionale dei referendum è stato oggetto di dibattito in alcune riforme organiche (ad esempio, proposte di abolire il quorum o di inserire referendum propositivi a livello nazionale), ma allo stato attuale (2025) le tipologie referendarie nazionali rimangono quelle originariamente previste dalla Costituzione del 1948 – principalmente l’abrogativo e il confermativo – arricchite dall’esperienza applicativa maturata in oltre settant’anni di vita repubblicanait.wikipedia.orggazzettaufficiale.it. Le fonti normative fondamentali in materia referendaria restano la Costituzione e la legge 352/1970, cui si affiancano leggi costituzionali particolari (come quella del 1989) e gli statuti regionali per gli ambiti di autonomia locale, a testimonianza di un istituto in continua evoluzione ma saldo nei principi delineati dai Padri Costituenti.

Fonti: Testo della Costituzione della Repubblica Italiana (artt. 75, 138, 132, 123)gazzettaufficiale.itsenato.itsenato.it; Gazzetta Ufficiale della Repubblica (D.Lgs.Lgt. 16 marzo 1946, n. 99)gazzettaufficiale.it; Archivio storico elettorale – Ministero dell’Interno (referendum 2 giugno 1946)it.wikipedia.org; Legge 25 maggio 1970, n. 352 (Norme sui referendum previsti dalla Costituzione)it.wikipedia.org; Legge cost. 3/1989 (referendum sul mandato costituente europeo)normattiva.it; sito istituzionale Riformeistituzionali.gov.itriformeistituzionali.gov.it; Wikipedia: “Nascita della Repubblica Italiana”, “Referendum (ordinamento italiano)”it.wikipedia.orgit.wikipedia.org.

Redazione Infogiotv.

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